giovedì 24 gennaio 2008

Il socialismo religioso: una lunga strada che porta oltre l'orizzonte

Il socialismo religioso non è un fenomeno irrilevante o avulso dalla storia del movimento socialista. E' una presenza significativa, un lievito che anima, fin dalle origini, il pensiero e l'esperienza di una delle più nobili speranze umane, e che mantiene un'assoluta attualità (il presente, del resto, è compreso nell'Eterno, a cui si volge l'anima religiosa).
Pierre Leroux, colui che per primo, pare, utilizzò il termine socialisme nel 1830, credeva alla centralità della vita religiosa per una trasformazione etico-sociale del mondo: una visione materialistica - questa l' intuizione del "padre fondatore" - non riuscirà a introdurre e a preservare una socialità autentica, alta, perché solo sul piano dello spirito si può vincere la propensione naturale alla sopraffazione e alla separatività. Basta consultare il sito degli amis de Pierre Leroux per trovare i links con quelli che ospitano, anche in riproduzione anastatica, alcuni dei suoi testi più significativi. Oltre cento anni dopo, Aldo Capitini, che con Guido Calogero fondò il movimento liberalsocialista durante il fascismo (sarebbe davvero utile, in questi tempi in cui si sproloquia di liberalsocialismo, leggere il manifesto del movimento, intriso di tensione religiosa e rigore etico, non certo di lassismo), avrebbe ribadito e approfondito questa idea in libri quali Religione aperta e Il potere di tutti. Capitini va oltre: identifica nella morte l'ingiustizia definiva e fonda una sorta di socialismo cosmico in quella che suggestivamente definisce la compresenza dei morti e dei viventi. Sperare nella vittoria di tutte le anime, umane e subumane, sulla morte, è per lui l'utopia suprema, che allarga e autentica gli orizzonti del socialismo terreno. E, a proposito di utopie, notevole fu la cifra religiosa, variamente declinata, nel socialismo utopistico come quello di Owen e Fourier, e negli esperimenti comunitari tentati dai discepoli di Tolstoj in Russia, o di Adin Ballou, membro della Chiesa Universalista, in America.
Dunque, il socialismo è marcato dalla spiritualità alla nascita e venato da essa durante tutto il suo cammino. L'elenco delle presenze religiose e dei loro contributi al patrimonio socialista è impressionante, e decisamente sottovalutato dalla generalità degli storici. Impegnati in comunità ecclesiali erano molti tra i "probi pionieri di Rochdale" che fondarono nel 1844 la prima cooperativa (una quota significativa di loro apparteneva alla Chiesa Unitariana, erede della nobile "eresia" sociniana che insisteva sulla divina umanità di Gesù e su una visione razionale della religione); molte riunioni laburiste e tradeunioniste inglesi avevano luogo, agli esordi, nelle halls delle Chiese Metodiste e Congregazionaliste, e non secondaria fu la testimonianza socialista tra i gloriosi Valdesi; Carlo Cafiero, tra i fondatori della Prima Internazionale in Italia e autore di un celebre Compendio de "Il Capitale" di Karl Marx, verso la fine della sua sofferta esistenza si avvicinò - provenendo dall'anarchismo - al socialismo "legalitario" di Andrea Costa, padre del Partito Socialista Italiano, e contemporaneamente, pur nei veli di una malattia mentale che era il segno della sua sensibilità trafitta dall'ingiustizia, si aprì alla trascendenza, all'Oltre divino (una sorta di avanti! metafisico, si potrebbe dire); cospicua la presenza di socialisti nel risveglio neo-gnostico che ebbe luogo in Francia a fine Ottocento; la "società cristiana" pensata dal grande scrittore anglicano Clive Staples Lewis, come si legge nel suo Mere Christianity, doveva essere una sintesi di economia socialista e temperanza dei costumi (perché solo il senso del limite e la sobrietà sono compatibili con una vera socialità, altro che "la Milano da bere"). In Italia, militò tra i socialisti Ignazio Silone, spirito religioso inquieto, a lungo vicino ai cattolici non-papisti della Confernza Episcopale Vetero-Cattolica di Utrecht, ma nel P.S.I. furono attivi non pochi cattolici romani, e non parlo di quelli - la maggioranza, oggi - nominali, ma di quelli seriamente impegnati in parrocchie e comunità di base, parte dei quali confluì nei cristiano-sociali, aderenti all'International League of Religious Socialists, che fa parte dell'Internazionale Socialista.
Il fenomeno è universale: ben nota è l'esperienza dei kibbutznik religiosi tra gli Ebrei di Israele; vi sono consolidati filoni socialisti nell'Islam; uno dei più attivi riformatori indiani del decenni scorsi, a capo del movimento cooperativo gramdan, fu l'indù Vinoba Bhave, un discepolo del Mahatma Gandhi; lo zoroastriano Dadabhai Naoroji, il grande vecchio della nazione indiana - fu lui a coniare il termine swaraj, autogoverno - partecipò ai lavori dell'Internazionale Socialista. L'anelito alla giustizia aveva del resto una tradizione millenaria nella religione zoroastriana: la più antica rivolta socio-religiosa in direzione dell'equità economica fu quella capeggiata da Mazdak tra il V° e il VI° secolo d.C.
In Italia, oltre al liberalsocialismo di Calogero e Capitini (1937), possiamo ricordare il socialismo mazziniano di Parmentola, Belloni e altri (1955): anche se laico - molti mazziniani non aderiscono a una specifica religione e coltivano uno spirito razionalista, ancorché Mazzini fosse un romantico, quasi un mistico dela politica - il gruppo evidenziava le implicazioni sociali di colui che nei Doveri dell'uomo definisce l'associazione - di cui la forma cooperativa è l'espressione economica - come la "parola d'ordine" religiosa del'avvenire, la chiave per superare i limiti etici della carità paternalistica, affermare la dignità umana e costruire una realtà comunitaria equa e libera (per questo egli combatté il socialismo marxista, profetizzandone le degenerazioni burocratiche e deprecando il suo ateismo come incapace di motivare e reggere lo spirito sociale, e si distanziò anche dal socialismo utopistico, al quale imputava una visione precostituita, quindi statica e disfunzionale delle dinamiche socio-politiche).
Etica e religione quasi coincidono nell'ideale associazionista mazziniano, che ben possiamo includere, oggi, tra le forme di socialismo religioso; e proprio seguendo questa identificazione di un retroterra religioso in ogni etica autentica, possiamo rilevare tracce spirituali perfino nel pensiero di quei "padri" del socialismo che si proclamarono atei (Marx) o antiteisti (Proudhon): certo non manca un afflato cripto-religioso nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, là dove Marx immagina il recuperò dell'integrità creativa dell'homo faber liberato dall'alienazione del modo di produzione capitalista, o nel De la Justice... di Proudhon, che definisce la giustizia "il dio della coscienza" e mostra di voler consacrarsi ad essa, come d'altronde aveva già fatto nell'introduzione a De la Proprieté.
Questa carrellata storica è davvero contratta e inadeguata, ma da questi pochi riferimenti possiamo cogliere la varietà e la caratura del socialismo religioso e l'intrinseca religiosità del socialismo senza aggettivi. Si potrebbe dire che l'ideale socialista rappresenta il "lato orizzontale" di Dio (o del "sacro", se si preferisce un approccio meno teista); in esso, come in una anticipazione di quell'éschaton, di quella trasformazione della vita cosmica alla quale aspirano molti menti religiose, sono riscattati tutti gli oppressi, i malati, i dimenticati (ma non da Dio, mai), coloro che hanno lavorato onestamente e sofferto attraverso una miriade di generazioni, quelli che verranno con buone intenzioni e con una speranza. La stessa degli antichi Profeti, di Carlo Cafiero (che, prima di morire, voleva volare, perché il Socialismo ha le sue radici in Cielo, nelle Altezze), di Camillo Prampolini, di Aldo Capitini: "Mi vengono a dire che la realtà è fatta così, ma io non accetto (...), perché non posso approvare che la bestia più grande divori la bestia più piccola, che dappertutto la forza, la potenza, la prepotenza prevalgano: una realtà fatta così non merita di durare, (...) e io mi apro a una sua trasformazione profonda, a una sua liberazione dal male... si tratta di mettere il socialismo in rapporto con una vita etico-religiosa, un'interiorità, sentimenti, idee, prassi che investano tutta la liberazione dell'umanità, (...) della realtà" (Religione aperta, pp. 12-12, 207)

Michele Moramarco











1 commento:

Anonimo ha detto...

E' vero, il comunismo e il socialismo, proprio come il capitalismo, hanno spesso anch'essi commesso gli errori del materialismo. L'alternativa al materialismo privato non è il materialismo di stato, ma la spiritualità!